La porta del morto:Dall'antico Egitto all'età moderna..

Tomba etrusca a dado con finta porta

Tomba etrusca con finta porta e dromos
Quasi tutte le case di origine medioevale della Toscana, Umbria, Marche e Lazio tutt'ora hanno due porte, che davano sulla strada in pendio. Una più grande e larga, con lo scalino basso, la porta d'ingresso; l'altra più piccola e stretta, con uno scalino più alto, talvolta altissimo.Le due porte, vicine tra loro, non stavano in simmetria sulla facciata, perché diverse di forma e di livello.La porta d'ingresso restava quasi sempre aperta a chi entrava e a chi usciva, la porta stretta era sempre chiusa e nessuno vi passava.
Era la cosiddetta "porta del morto", che si apriva soltanto per far passare la bara di chi usciva dalla casa, piedi in avanti, per non farvi più ritorno. L'usanza voleva che il morto non passasse dalla porta dei vivi e, viceversa, impediva ai vivi di passare dalla porta del morto. Per questo motivo si aveva ben cura di tenere la porta del morto sprangata o anche murata fino a che non si avesse la dolorosa necessità d'usarla.L’origine è etrusca: la “porta del morto” prendeva spunto dal rituale che voleva “evitare” il ritorno del defunto nella terra dei vivi affinché la sua anima potesse restare per sempre nell'Ade. Così nelle tombe etrusche esisteva la “finta porta”: una porta per lo più disegnata o talvolta scolpita ad indicare un tramite “aperto” solo alle anime dei defunti e impraticabile ai viventi. Così questa credenza, elaborata in epoca romana con il “limes” dell'uscio di casa, il quale poteva essere varcato dal defunto una sola volta, diventa nel medioevo la “porta del morto”, murata (chiusa) subito dopo il passaggio del defunto, così da impedire – e questa è l'elaborazione della credenza etrusca che ha resistito fino al 1600 – il ritorno della morte in quella casa.
Ma l'origine di questa porta è ben più antica e gli Etruschi sono stati solo il tramite con le civiltà orientali.I più antichi esempi di architettura egizia di cui ci siano pervenuti resti sono le màstabe, tombe monumentali del periodo arcaico o delle prime dinastie faraoniche (2853-2657 ca. a.C.).Le mastabe, dall'arabo "panca" o "banco", edificate in un primo tempo in mattoni crudi, e successivamente in pietra calcarea, inizialmente venivano usate per la sepoltura dei faraoni e dei loro familiari. A partire dall'Antico Regno i faraoni preferiranno destinare le proprie spoglie e quelle dei familiari alle piramidi, ancora più grandiose e le mastabe verranno quindi destinate ai dignitari di corte, come i nobili, gli scribi, i sacerdoti e i visìr.Solitamente di pianta rettangolare, le mastabe hanno la forma di un massiccio tronco di piramide. Sono dotate di spesse mura perimetrali a scarpa, ossia inclinate verso l'esterno, e coperte da un tetto piano. Si compone di due parti: la zona inferiore e quella superiore.
La zona sotterranea o inferiore è costituita dal sepolcreto, scavato in fondo a un pozzo a volte assai profondo (oltre venti metri) e articolato in più livelli, consacrato ad ospitare il sarcofago del defunto, il corredo e tutti gli oggetti ritenuti indispensabili alla vita ultraterrena. Gli Egizi, infatti, credevano che la vita proseguisse oltre la morte solo se il corpo si fosse conservato; da qui la necessità di mummificare i cadaveri e mettere accanto a loro cibi, utensili e arredi che avrebbero reso più facile la vita nell'aldilà (usanza assai simile a quella etrusca ellenizzante).
La zona in superficie era destinata a chiudere per l'eternità il pozzo di accesso alla zona inferiore e indicarne la presenza in modo monumentale. Era dotata di molti vani, anche ampi con cappelle e celle per le preghiere, i riti, e le offerte dei parenti e decorate con colori vivaci.
Uno degli elementi caratteristici della mastaba è la facciata, che presenta una “falsa-porta. E' una lastra di pietra rientrante con il nome e i titoli del defunto, che riproduceva con stipiti, colonne e architrave, la forma di una porta. Era il simbolo del passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti, secondo l'antica religione egizia, consente all'anima immortale, il ““ del defunto, di passare dal mondo dei morti a quello dei vivi e viceversa. Davanti alla finta-porta, spesso ornata di dipinti, rilievi e statue, si potevano depositare su una stuoia o una lastra di pietra le vivande necessarie alla sopravvivenza del defunto.La presenza della “porta del morto”appare anche nella Siria ellenistico-romana, nella articolata struttura monumentale delle ricche tombe mausoleo familiari di Palmira. Infatti, nella grande tomba-mausoleo ricostruita in parte nel Museo Nazionale di Damasco nel 1935, che una iscrizione ricorda fondata da Iarhay, figlio di Barbaki, nell’aprile del 108 d. C.; la “porta del morto” si distingue nella forma, funzione e collocazione laterale inferiore, dalla grande porta finemente scolpita in pietra nel modello delle porte lignee, che dava l’accesso all’intero complesso monumentale e, in particolare, al ricco ambiente dell’esedra occidentale.Porta del morto” che sembrerebbe riaffacciarsi sub divo nella Siria “bizantina” in forma “ibridata” (ovvero decorata di segni-simboli che affacciano all’esterno dell’edificio), nella piccola porta basaltica, alta circa cm. 60, monolitica con cardine incorporato, documentata nella muratura della Chiesa di San Giorgio di Esra, in corrispondenza con il sacello interno tradizionalmente indicato quale “Memoriale” del santo.Ecco che, attraverso gli scambi commerciali-culturali, questo tipo di credenze vengono portate in Etruria ed elaborate in epoca romana per poi essere definite nel Medioevo grazie anche all'intervento della religione cristiana.

(Silvana Casartelli Novelli - L’emergenza delle porte basaltiche della Siria “bizantina”, nella macrostoria della pietra e della porta e della loro coniugazione ‘monumentale’ Roma, 15 ottobre 2005)
(Guido Piovene - Viaggio in Italia - Hoepli - 2007)
(A.Cocchi - Geometrie Fluide - http://www.geometriefluide.com)
Dal nostro corrispondente in Tuscia prof. Mauro Boccia

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