I tesori di Villa San Giovanni in Tuscia

Ponte etrusco presso il Biedano
necropoli del Caiolo








Villa San Giovanni in Tuscia si trova in provincia di Viterbo e dista 20 km dal capoluogo.
Il centro storico del paese si erge sui resti di una antica villa romana, fornita di terme, piscina, stalle e granai, le cui fasi di vita sono cronologicamente stimate nel III e IV secolo d.C., rinvenuta casualmente in seguito ad alcuni lavori urbanistici compiuti nel 1927 e nel 1961. Della stessa si possono visitare, in via delle Fortezze, alcuni resti pavimentali con mosaici in bianco e nero. Da notizie d'archivio datate al 1882 si deduce anche la presenza di una cinta muraria di età romana, di cui resta un considerevole frammento, localmente denominato "la Torraccia". La viabilità tra Blera e Villa S. Giovanni è antica e costituisce una struttura di grande suggestione, in quanto tipica dell'Etruria rupestre, in un contesto storico-ambientale-paesagistico mirabilmente conservatosi nel corso dei secoli. Il fatto che fosse abitata fin dalla remota antichità è dimostrato dalla presenza in località Valle Cappellana di tombe risalenti al VII-VI secolo a.C. Inoltre, nelle vicinanze vi sono le necropoli etrusche di "Ponton Graziolo" e del "Grottone", che presentano anche tombe a camera con banchine e soffitto a doppio spiovente.Le origini del paese quale comunità organizzata risalgono al XVI secolo quando il pontefice Leone X, in segno di riconoscenza per i numerosi servigi prestati alla Chiesa, concesse questi territori al condottiero Renzo da Ceri della famiglia Orsini – Anguillara i cui discendenti fondarono il Borgo di San Giovanni in onore di un componente della famiglia stessa. Chiamato in passato San Giovanni di Bieda (Bieda era l'antico nome di Blera, un altro antico centro vicino e del torrente che ivi vi passa), dal 1961 fu identificato con il nome odierno che è composto da "Villa", per la suddetta villa romana sulla quale sorge il paese, dal nome del santo patrono, San Giovanni Battista e da “Tuscia” datagli nel 1961 in riferimento all'antico nome di popolo dei Tusci, ossia gli Etruschi.Comunque, il nome “San Giovanni” sembra essere stato dato al borgo da Giovanni Anguillara da Ceri intorno al 1550, dopo aver ricevuto in eredità il feudo dal padre Lorenzo che, a sua volta, lo aveva ricevuto dal papa Leone X.Sembra che Giovanni da Ceri vista la scarsità di popolazione del suo feudo, elargì privilegi a quelle famiglie che avrebbero deciso di vivere nel suo fondo. Così si ripopolò il castello ed i coloni, giunti da varie parti, sottoscrissero giuramento di fedeltà al Pontefice quando, estinta la famiglia da Ceri, il feudo tornò alla Chiesa.

 VALLE CAPPELLANA  (Barbarano Romano)

In località Valle Cappellana, ai confini tra i comuni di Blera e Barbarano Romano, si trovano due interessanti tumuli più o meno coevi (fine VII - inizi del VI sec. a.C.) dalle peculiari caratteristiche, di grande interesse archeologico, che richiamano fortemente alcuni caratteri della tipologia tombale di Cerveteri. Delle due tombe la prima, detta anche Tomba Margareth, risale alla fine del VII ed inizio del VI secolo a.C., è caratterizzata da un lungo dromos e da una prima camera con soffitto a travi ed un letto per deposizione costituito da una lastra di tufo. Due colonne scanalate con capitelli in stile dorico conducono alla seconda camera anch'essa con soffitto a travi scolpite nel tufo. In questa è evidente la connessione con la Tomba dei Capitelli Dorici di Cerveteri. La seconda tomba, detta del Trono, risale agli inizi del VI secolo a.C. ed ha un breve ma ampio dromos ed è formata da due camere, la prima grande e quadrata con soffitto a spiovente e columen centrale. Vicino al letto a sinistra è scolpita una sedia simile per forma a quelle delle Sedie e degli Scudi di Cerveteri. La seconda camera, cui si accede da una porta rettangolare, è più piccola e presenta una banchina sui tre lati. Nel dromos fu rinvenuto un leone in peperino, oggi conservato presso il museo di Barbarano Romano. Nella parte superiore del tumulo vi sono diverse tombe a fossa.


Dal nostro corrispondente prof. Mauro Boccia
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